Barlady DELL’AMURA Francesca

Barlady DELL’AMURA Francesca

  • Nella nostra società la donna sta svolgendo sempre di più ruoli una volta ricoperti solo da uomini, diventando parte integrante ed importante all’interno del mondo del lavoro, così come nella realtà inerente alla ristorazione. E’ il caso di Francesca, che oggi incontriamo per parlare della sua vita lavorativa e della sua attività di BarLady.

Francesca Dell’Amura, classe 1988, è nata e cresciuta a Castellammare di Stabia. Diplomata all’istituto alberghiero,  durante gli anni delle superiori  ha lavorato nella ristorazione e in alcuni bar della sua città. A malincuore abbandona questo mondo per proseguire gli studi universitari, infatti nel 2014 si laurea in Scienze e tecnologie alimentari. Dopo aver sostenuto l’Esame di Stato per entrare nell’albo, si è catapultata nel mondo del lavoro con varie esperienze in importanti aziende alimentari del Nord e della Sardegna.  Tornata nella città natale dopo due anni, ha lavorato in un’ azienda del casertano e dopo mesi in cui si è districata tra certificazioni per il controllo/qualità, manuali di HACCP e scartoffie varie, decise di abbandonare, dichiarando che “Aveva troppa nostalgia per tutto quello che riguardava il mondo dell’ospitalità”. Ha iniziato a lavorare in un albergo 5 stelle a Sorrento, fino a quando una sera incontrò un vecchio conoscente che le propose di lavorare a Piazza Vanvitelli, “Un’occasione da non perdere” , ci confida. Il 1° novembre del 2018 è entrata nel team come banconista. Nel febbraio del 2019 la famiglia Cuomo, proprietaria del locale, ha iniziato ad investire su un nuovo progetto, sviluppando un nuovo concetto di bar. Francesca ci spiega che questo è “Rivolto alla sperimentazione e all’uso di vari strumenti”. Nel luglio dello stesso anno è stato inaugurato un secondo banco, che lei definisce come “Un piccolo laboratorio”. Oggi lavora sempre a Piazza Vanvitelli Experimental Bar, affiancando Salvatore Scamardella il quale, insieme ai proprietari, le ha dato sempre fiducia, dandole la possibilità sia di sostituire il bar manager Scamardella durante le sue assenze dovute a impegni lavorativi, subentrati con la vittoria della World class competition. Questa opportunità  le ha permesso “Di unire la mia passione per il bar con la mia laurea, mettendo in pratica e approfondendo tutto quello che ho studiato” ci spiega. Continuando la nostra chiacchierata, Francesca ci mostra come la sua passione sia nata “Durante gli anni delle superiori, dove ho frequentato vari corsi: AIBES (in quegli anni era un unico corso, rispetto ad ora), Flair (suddiviso in due livelli), primo livello sommelier, corso di decorazione, corso di intaglio di frutta e verdura. Durante gli anni universitari mi sono avvicinata al mondo dell’analisi sensoriale, partecipando a vari corsi come: analisi sensoriale dell’olio, A.S. del miele, A.S. del vino, A.S. della birra. A settembre, appena questo virus ci saluterà, ho in progetto di iscrivermi al corso di laurea scienze gastronomiche mediterranee.” Con molta chiarezza e sincerità dichiara “Questo stile di vita mi è sempre appartenuto, anzi possiamo dire che non mi ha mai abbandonata. Ormai la vita del bar non è solo lavorativa, ma anche privata visto che a casa continuo a sperimentare e a far impazzire tutta la famiglia. Sono i miei primi clienti e anche le mie cavie per nuovi home made che preparo.” Il suo segreto per migliorare è quello “Di non aver nessun segreto, visto che tutti mi dicono che sono un libro aperto. Dico solo che sono continuamente in competizione con me stessa, forse è questo il segreto.” In alcuni momenti è un difetto, che qualcuno può interpretare come insicurezza, invece è solo la voglia di ricercare e sorprendere il cliente. Il miglioramento deve essere personale, mettendo passione e dedizione in quello che si fa, aggiornandosi sulle nuove tendenze e riuscendo a creare un proprio stile di miscelazione che bisogna affinare con l’esperienza.È un’accanita sostenitrice del Made in Italy ma, da novellina del mondo del bar, “Mi permetto di dire che nel mondo ci sono distillati e liquori di alto livello. Prediligo i vermouth italiani, ma abbiamo anche vermouth tedeschi che sono di qualità. Come il mondo dei gin, che è molto vasto, ma sappiamo che ogni nazione o singola azienda ha i suoi metodi di distillazione e il suo mix di spezie e aromi. Si va da quelli inglesi dal gusto secco a quelli olandesi più aromatizzati.” Stessa discorso vale per i whisky “Da quello più pregiato a quello più venduto sappiamo che i vari brand provengono da ogni angolo del globo.” E’ favorevole al Made in Italy, ma anche ad una bottigliera ben fornita soprattutto con prodotti di qualità vari e qualche bottiglia di nicchia, perché ormai i tanti clienti che si siedono al banco sanno cosa vogliono bere.Ha abbracciato la causa plastic free, visto che una cannuccia impiega centinaia di anni per biodegradarsi, evitando l’uso  anche di quelle biodegradabili. Quando si beve un drink deve essere un’ esperienza unica, e le piace spiegare al cliente che dovrebbe provare ad utilizzare i sensi che madre natura ci ha donato, “Avvicinare il bicchiere alle labbra, significa iniziare a percepire tutti gli aromi o un particolare odore del drink, perché privarsi di quelle sensazioni? Da napoletana posso dire che bere un drink con la cannuccia è uguale a bere un caffè con la cannuccia, ti privi dell’esperienza delle calore sulle labbra.” Nella drink list ci sono due cocktail che si bevono con la cannuccia, ma ciò è dovuto dal design del bicchiere e quindi vengono utilizzate cannucce commestibili, infatti capita che bisogna dare la seconda cannuccia visto che alcuni clienti non riescono a trattenersi nel mangiarla prima di finire il drink. Con il tempo anche i clienti si stanno avvicinando al buon bere, ma esiste sempre qualcuno che per lo spritz o il negroni ti chiede la cannuccia. In quel momento bisogna usare tutta la propria professionalità affinché il cliente possa apprezzare il drink senza l’ausilio della cannuccia. Secondo la sua esperienza, Francesca rivela che “La ricerca e selezione dei prodotti è importantissima. Il barman deve essere bravo a spiegare al cliente che un drink non si basa solo su distillati, sciroppi e succhi, ma anche sulla consumazione di fermentati come kefir di latte, tibicos, frutta e verdura lattofermentate, kombucha, garum, aceti, infusioni, drink ridistillati con evaporatore rotante, chiarificazioni, separazioni.” Quindi possiamo dichiarare che il mondo del bar si sta avvicinando sempre di più a quello della cucina, con cotture a basse temperature, sottovuoto, utilizzo di marmellate e affumicatori. La ricerca è sempre più vasta, ma non bisogna mai dimenticarsi due cose fondamentali: “I DETTAGLI, che sono quelli che fanno la differenza, e lo SPRECO. Se a fine giornata la pattumiera della mia postazione è vuota significa che ho fatto un buon lavoro sia a livello di servizio che di ricerca.”dichiara soddisfatta.Secondo Francesca il barman non si valuta solo per come fa il drink, perché nel momento in cui si sta dietro il banco quello è il tuo palco e solo lo spettatore nonché il nostro cliente può valutarci. “Solo nel momento in cui il cliente va via soddisfatto, stupefatto e soprattutto sorridente possiamo dire che abbiamo avuto un buon approccio e un feeling (nei dovuti limiti e rispetto) che ci fa capire che il lavoro che stiamo facendo non è sbagliato, anche se bisogna  sempre migliorarsi e non pensare mai di essere arrivati.” Il barman non miscela solo drink, ma durante la giornata assume più ruoli, tra cui quello dello psicologo/psicoterapeuta, infatti non esiste un unico modo di approcciare con i clienti, l’approccio dipende dal cliente che si sta sedendo al banco in quel momento. Il comune denominatore per i clienti sono i primi due minuti, che aiutano il barman a capire se quel cliente si sta sedendo per vivere un’ esperienza nuova o anche se ha avuto una giornata nera e non ha intenzione di essere scocciato. L’accoglienza è fondamentale: dare un benvenuto solare e sorridente, chiedere come è andata la giornata o come stanno, offrire un prosecco di benvenuto o anche un semplice bicchiere d’acqua aiutano ad entrare in contatto con il cliente senza essere troppo invasivi. Se dovesse paragonarsi ad un cocktail sarebbe sicuramente un americano: cocktail italiano “Sono italiana e non rinnego le mie origini”, considerato l’aperitivo per eccellenza “Quando posso amo godermi gli aperitivi in compagnia di amici e amiche” gusto deciso “Mi considero una persona molto decisa e testarda”, la soda e l’arancia “Rappresentano il mio lato frizzantino/pazzo e sensibile”nota amarognola “A primo impatto sono sempre considerata scontrosa, forse perché non mi piace espormi subito, ma sono abituata a studiare tutto ciò che mi circonda” gusto equilibrato, complesso ma non difficile “Così mi considero, complessa, ma alla fine è tutta apparenza e non è difficile capirmi”.I due cocktail preferiti sono il negroni e l’old fashioned. A tutti quelli che stanno per intraprendere questo stile di vita “Consiglio di agire con passione, di non fermarsi dinnanzi a nessun ostacolo e di migliorarsi giorno dopo giorno, senza fermarsi mai o farsi influenzare nelle scelte. Di non essere in competizione con i colleghi, perché tutti hanno delle capacità. Bisogna capire solo in cosa siamo bravi e questo può dircelo solo il tempo e l’esperienza.”

testo a cura di: AnnaRita Perna

Condividi la tua opinione