Bloody Mary: il cocktail “del giorno dopo” non finisce mai di stupire
Bloody Mary: il cocktail “del giorno dopo” non finisce mai di stupire
Qualcuno lo chiama ll cocktail del giorno dopo. Un po’ come la pillola. Nel senso che
“cancella” l’eccesso (o la sbornia) del giorno prima. Benvenuti nel
mondo del Bloody Mary, un cocktail che non finisce mai di stupire. Massimo
D’Addezio, uno dei barman più conosciuti della capitale aveva sdoganato addirittura
la formula del “Bloody-Fraschetta”, una carta menù a base di Bloody Mary con sei tipologie differenti di
cocktail. «L’idea – dice D’Addezio – è quella di un piccolo pasto da
accompagnare con le variazioni di Bloody Mary. Che personalmente vedo come un
perfetto abbinamento per qualsiasi tipo di piatto». Consuetudine
che ha anche qualche illustre precedente visto che Raymond Carver, uno dei migliori autori di short stories del ‘900,
aveva l’abitudine di sostituire i pasti proprio con qualche bicchiere del
poderoso cocktail.
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Cominciamo, allora, dalla preparazione. Piuttosto semplice visto che avviene direttamente
nel bicchiere, un tumbler con qualche cubetto di ghiaccio. Gli ingredienti? 4,5
cl di Vodka ghiacciata, 9 cl di succo di pomodoro, 1,5 cl di succo di limone,
2-3 gocce di Worcestershire Sauce e di Tabasco, 1/2 limone spremuto, sale di
sedano e pepe. Dopo aver mescolato delicatamente si
aggiunge una guarnizione di sedano e uno spicchio di limone (facoltativo).
Ma come si è arrivati a questo mix perfetto?
Storie e leggende si intrecciano come ormai abbiamo visto accadere nelle
origini dei più importanti cocktail del mondo.
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E il nome? Secondo alcuni è da attribuire alla Regina
Maria I Tudor d’Inghilterra, detta “Maria la
sanguinaria” (Bloody Mary, appunto), soprannominata così dai protestanti per le
violente persecuzioni nei loro confronti durante la metà del sedicesimo secolo.
Questa l’ispirazione che più o meno si potrebbe avvicinare alla verità ma chi
ha inventato davvero inventato il cocktail? Chi per primo l’ha messo nel
bicchiere?
La nascita, secondo una delle tante storie, risale al 1920 quando Fernand
Petiot, barman al New York di Parigi
(divenuto poi Harry’s bar), frequentato da molti americani raccogliendo l’idea
di uno dei suoi clienti mise insieme il succo di pomodoro e la Vodka (suddivisi
in parti uguali) riscuotendo un discreto successo. Questa
versione, però, è soltanto la prima di una lunga serie. Alcune documentate, altre chiaramente
leggendarie. Come quella che indica Mary Pickford come la vera ispiraturice.
L’attrice però aveva già un cocktail a lei dedicato, di colore rosso ma a base
di Rum, maraschino e granatina. Niente di più lontano, dunque, dal Bloody
Mary…
Un’altra risale al 1939 secondo la quale a ideare il cocktail sia stato
l’attore George Jessel a Palm Spring. Un po’
contorta e probabilmente romanzata soprattutto per quanto riguarda l’origine
del nome. Secondo la storia, sarebbe dovuto ai primi due clienti, frequentatori
di un bar di Chicago chiamato “Bloody Bucket” dove lavora una cameriera (che
evidentemente i due ricordavano molto bene) chiamata Mary, e da tutti
sopranominata “Bloody Mary”. “Red Snapper”, invece è il nome che cercano di
dare al cocktail rosso pomodoro al St. Regis Hotel di New York dove lo stesso
Petiot arriva come barman nel 1934. Qui la vodka, difficilmente
reperibile sul mercato americano, viene
momentaneamente sostituita con il gin. Appena però il distillato russo torna a
disposizione viene ripristinato il nome originario al cocktail e comincia anche
un periodo di incredibile successo. Dovuta ancora una volta all’intuizione di
Petiot l’idea di speziare il drink, passaggio definitivo all’attuale
versione. Giusto per curiosità, si racconta che lo stesso Petiot
(morto nel 1974 a 74 anni) abbia
servito tutti i presidenti degli Stati Uniti dal 1934 al 1966 ad eccezione di
Lyndon B. Johnson e tra i suoi clienti fissi c’era anche il gangster Frank
Costello.
Ecco comunque, per chiudere il capitolo delle origini, la sua versione sulla nascita del cocktail in
un’intervista del 1964
rilasciata al New York Magazine e ripresa nel libro di Stefano Nincevich
“Cocktail Safari, un viaggio avventuroso nella storia di 70 drink”: «Io ho dato
vita al Bloody Mary come tutti lo conoscono. George
Jessel disse di averlo creato ma il suo non era altro che vodka e succo di
pomodoro. Io copro il fondo dello shaker con
quattro grosse prese di sale, due di pepe di Cayenna e uno strato di salsa
Worcestershire. Quindi aggiungo succo di limone e del ghiaccio tritato, verso
due once di vodka e due di succo di pomodoro, agito, filtro e verso».
Ricetta da replicare tale e quale e
che ha sedotto persone di ogni genere. Nei
bar, nella letteratura e soprattutto al cinema. Il Bloody Mary, infatti, è uno
di quei cocktail che deve fama internazionale e notorietà popolare, anche a
film. Per esempio, nel “Il Club delle Prime Mogli” le tre
protagoniste, Bette Midler, Goldie Hawn e Diane Keaton si ritrovano a fare
colazione e indovinate cosa bevono? Nell’ordine, Bloody Mary, vodka e un
pomodoro condito. Nel film “I Tenebaum” (2001) Richie Tenebaum,
interpretato da Luke Wilson, beve il Bloody Mary così come nei “Jefferson” la
mamma Louise. Nella Sit-com “Ugly
Betty” il cocktail a base di vodka e pomodoro viene offerto dalla signora
Claire Meade a Betty, dopo avergli confessato di aver ucciso l’amante mentre
nel film “Miami supercops” l’agente Steve Forrest (Bud Spencer) ordina un
Bloody Mary, chiamandolo erroneamente Bionda Mary. Ma a Bud Spencer si può perdonare
anche questo.
Infine, come sempre, ecco qualche variazione sul tema. Una delle più famose è nata in Canada dove oggi
è molto più richiesta e famosa del Bloody Mary stesso. Si tratta del “Ceaser”
inventato nel 1969 dal barman Walter Chell all’Owl’s Nest bar di Calgary, per
accompagnare l’apertura di un nuovo ristorante. Nella sua versione originale
questo drink conteneva purè di vongole (sostituito dopo un anno da un brodo di
vongole già pronto) mescolato con il succo di pomodoro, e gli altri ingredienti
del Bloody Mary. A volte un gambero è usato pure come
guarnizione, oppure la pancetta croccante. Altre variazioni prevedono, a seconda dei luoghi e degli alcol
disponibili, la sostituzione della vodka con la birra messicana (Chelada), il
sake (Bloody Geisha), il whiskey americano (Brown Mary), la tequila (Bloody
Rita), il rum scuro (Bloody Pirate) o lo sharry (Bloody Bishop). Speriamo solo
che il povero Petiot non ne abbia mai saputo nulla.
di VALERIO BERRUTI