7 barman ti spiegano perché bere con la cannuccia è inutile

7 barman ti spiegano perché bere con la cannuccia è inutile

Colorata o nella variante più classica nera, corta o lunga fino a 50 centimetri per bere anche a distanza o sdraiati, rigida o pieghevole. Anche se impariamo a usare il bicchiere già intorno ai 6 mesi, DAL 2021 LE CANNUCCE IN PLASTICA SARANNO BANDITEla cannuccia è un oggetto che ci rincorre fin da bambini. La troviamo ancora nei fast food, in alcuni stabilimenti, sugli scaffali dei supermercati, ma ai banconi dei migliori cocktail bar è in via d’estinzione. Dal 2021 ci penserà l’Unione Europea a bandire definitivamente quelle in plastica, scoraggiandone di fatto l’utilizzo in generale. Secondo una ricerca di Legambiente, nel 2018 le cannucce sono state il settimo rifiuto più presente sulle coste italiane. Un report di Eunomia parla di 2 miliardi di cannucce usate in Italia all’anno. Difficili da riciclare, questi tubicini rimangono in natura praticamente per sempre: 500 anni.

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Allora perché le usiamo? I fattori sono molti. C’è quello igienico: le labbra non vengono a contatto con una superficie sconosciuta, magari sporca; quello sociologico: il cocktail con due cannucce può essere condiviso più facilmente; quello iconografico: nell’immaginario collettivo il cocktail ha una cannuccia, anzi due, magari un ombrellino. Eppure nessuno di questi motivi, peraltro di poco spessore, sembra giustificarne l’abuso. Abbiamo chiesto a 7 barman italiani, da Milano a Lecce, cosa ne pensano, cosa usano per i loro drink e la risposta della clientela.

Stefano Aiesi, The Botanical Club(Milano). “Raramente ce le chiedono. La cannuccia dovrebbe aiutare il cliente, invece lo priva di una parte dell’esperienza, e a noi una parte di lavoro. Alcuni drink hanno bisogno della cannuccia, quelli con ghiaccio tritato, ma in quel caso ci sono sempre alternative. E cerchiamo di essere creativi anche sulle materie prime, utilizzando al massimo ogni ingrediente. Faccio l’esempio dei limoni o dei lime: non finiscono nell’umido, ma cerchiamo di utilizzarli per fare un cordial non solo con le bucce ma con tutta la carcassa“.

Alessio Ghiringhelli, Scarto (Bologna). “Partirei da dove nasce Scarto. Dal nostro desiderio di non produrlo proprio, lo scarto. E se necessario, impiegarlo di nuovo, rimetterlo in circolo. Non abbiamo mai usato plastica monouso, ma già dall’apertura. Le cannucce le abbiamo, in vetro e in metallo. Per quali drink le usiamo? Nessuno a dire il vero. Io, Laura e Carsten siamo tutti dietro il banco e nessuno di noi ha mai avuto lamentele. E tra tutte le ragioni possibili, ce n’è una anche nostra, di fattore estetico. Le decorazioni e le guarnizioni dei nostri cocktail sono minime, puntiamo al massimo della pulizia e dell’essenzialità. Non vogliamo sporcare questa estetica, nemmeno per una cannuccia di vetro“. 

Julian Biondi, Mad Souls & Spirits (Firenze). “Non c’è uno solo dei nostri drink che si debba bere con la cannuccia. Per scoraggiare proprio tutti, ma in modo simpatico, abbiamo messo al bancone una foto di Greta Thunberg con la scritta ‘Non fare lo straw-nzo. Bevi senza cannuccia’. Alla gente piace, la gente capisce. Anche in un posto come il nostro, un bar di strada che parla con tutti. Usare una cannuccia vuol dire bloccare la nostra risposta olfattiva al drink, che gioca un ruolo cruciale nel risultato finale. Noi non facciamo lo spritz ma se lo facessimo e qualcuno mi chiedesse una cannuccia gli direi: ma tu il Prosecco lo bevi con la cannuccia? Ecco, sta tutto qui“. 

Patrick Pistolesi, Drink Kong(Roma). “Sicuro è un retaggio degli anni 80, collegato all’utilizzo della lattina, alla cultura usa e getta, al consumismo in generale. Da qui la cannuccia ha imperversato arrivando a raddoppiarsi, secondo alcuni per una questione di condivisione, di sharing. Eppure l’American Bartending nasce senza, senza cannuccia. Da Kong nessuno dei drink la prevede, ma già da molto prima, diciamo 3 anni, avevo deciso di toglierla da tutti i miei drink. In questo bar la scelta è assoluta e segue altre idee che abbiamo applicato al bere e al mangiare, eliminando tutta la plastica monouso e puntando a limitare lo spreco alimentare. Abbiamo un’opzione in fibra di mais per i reduci che ancora la chiedono. Poi però ci penso io con le mie battutacce a farti passare la voglia“. 

Ugo Acampora, Twins Cocktail Wine Coffee (Napoli). “C’è un immaginario del cliente, soprattutto nelle fasce più giovani, che è ancora legato all’ambiente disco, dove le cannucce sono sempre 2 e i cocktail sono almeno 4 o 5. Una volta mi è stato chiesto un Negroni con la cannuccia, veramente, un Negroni! Se spruzziamo su un drink essenze di arancia o di limone, è perché vogliamo che quell’odore si senta. A Napoli fino a 4 anni si beveva in pochissime realtà, per questo le richieste ancora ci sono, ma diminuiscono col diffondersi di una cultura del bere. Noi ci siamo aiutati così: abbiamo ideato un drink che si chiama PPM (Pasta, Pizza e Mandolino), che viene completato da uno zito. Da quel momento gli ziti sono comparsi sul bancone e ci stanno permettendo, progressivamente, di abbandonare le cannucce“. 

Diego Melorio, Quanto Basta (Lecce). “Si tratta di una questione tattile. Come quando bevi un caffè devi sentire il calore sulle labbra, così quando bevi un drink devi sentire il freddo. Poi certamente anche una questione di odori, profumi. Nel nostro bar le cannucce non sono mai entrate, fin dall’apertura, 6 anni fa. Le abbiamo in carta, ma le usiamo pochissimo, come in carta sono pure i bicchieri per i drink d’asporto. Poi però dopo le cannucce passerei al tema dell’acqua. Noi la regaliamo. Ma in quanti usano bottiglie e bottigliette? Un conto velocissimo nella mia città: 30 bottigliette a sera, per 20 locali solo nel centro di Lecce, fanno 600 bottigliette, per 365 giorni, fai te, sono più di 200.000 all’anno. E mi tengo molto basso“. 

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